Relazione storica Ex Tabacchificio

di Paolo Coretti
a cura dell'Architetto Paolo Coretti

La storia della nostra sede

Era il periodo in cui la Società delle Nazioni, nel 1935, aveva applicato le sanzioni economiche e finanziarie contro l’Italia, colpevole di aver contravvenuto alle disposizioni dei patti internazionali e, di seguito, di aver dato corso alla guerra che, nel 1936, aveva portato all’annessione dell’Etiopia, ma era anche il periodo in cui l’isolamento commerciale e la conseguente politica economica autarchica trovarono un tessuto industriale in grande fermento e una attività agricola che, sottoposta a significative forme di ristrutturazione, venne chiamata a garantire l’autosufficienza alimentare del Paese.
In quegli anni, infatti, nel Medio Friuli, accanto all’attività del Consorzio di Bonifica e di Trasformazione Fondiaria impegnato nel rendere produttivi territori da destinare alle coltivazioni cerealicole, nel contesto della città fondata di Torviscosa, era stata costituita la SAICI, l’acronimo della quale (Società Agricola Industriale per la Cellulosa Italiana) riassumeva in maniera esemplare la nuova sinergia tra agricoltura, industria, innovazione ed economia autarchica e nel medio Friuli e nella cosiddetta Bassa Friulana – zona nella quale la produzione cerealicola, sicuramente aumentata per effetto della famosa “Battaglia del grano”, correva il rischio di costituire una produzione estensiva di tipo monocolturale – risultava indispensabile promuovere una specializzazione nell’agricoltura capace di sviluppare le colture della barbabietola, del pomodoro, della gelso-bachicoltura e del tabacco, colture queste che, meglio della produzione cerealicola, prevedevano una stretta connessione con l’industria alimentare e, più genericamente, con l’industria di trasformazione.
Già nel 1921 la Cattedra ambulante di Agricoltura di Udine aveva avviato nel Medio Friuli un esperimento di coltivazione di un ettaro a tabacco della varietà Kentucky, la quale dette risultati talmente buoni da indurre alcuni agricoltori a costituire, nel 1923 e nel 1924, tre Società Anonime Cooperative per la coltivazione del tabacco che si fusero nel 1929 in un consorzio mutualistico e cooperativo denominato “Associazione Tabacchicoltori del Medio Friuli”.
Alla coltivazione del Kentucky, che veniva essiccato nello stabilimento di Fagagna (dal 1930) si aggiunsero, nel corso degli anni trenta, altri 96 ettari di concessione per il Nostrano del Brenta (un tabacco scuro) e si iniziò a coltivare il Virginia Bright (un tabacco americano particolarmente dolce), che veniva trattato nel moderno impianto di Gris di Bicinicco (iniziato nel 1932 e completato nel 1936).
In coerenza con l’andamento generale delle cose, nel codroipese ( territorio nel quale, nel 1936, il 70% degli occupati risultava impegnato nell’agricoltura mentre, nello stesso anno, nella Provincia di Udine la media di tali addetti era pari al 54% degli occupati) accanto agli antichi opifici per la trattura della seta di proprietà di Graziadio Luzzato e di Giovanni Colli, accanto alla grande filanda Frova, al Laboratorio Tessile Zoratto (“La furlana”) ed al pastificio Lotti e De Nobili (“Quadruvium”), nel 1938, fu costruita la Manifattura Tabacchi di Codroipo la quale, analogamente alla manifattura a Gris di Bicinicco, fu impegnata fino ai primi anni ’70 nell’attività di essiccazione del tabacco coltivato nei terreni del Medio Friuli.
Infatti nel 1937 l’Associazione Tabacchicoltori ottenne, dalla Direzione Generale dei Monopoli, una nuova concessione di 100 ettari di tabacco Bright Italia (una sottovarietà del Virginia Bright), per il quale si riscontrò particolarmente adatta la zona di Codroipo.
Dimostrando una straordinaria efficienza e capacità di superare gli ostacoli burocratici e progettuali, in meno di tre mesi, dal 14 ottobre 1937 al 15 gennaio 1938, il Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Tabacchicoltori riuscì a perfezionare la nuova concessione e ad ottenere la copertura di tutta la superficie concessa raccogliendo le adesioni da parte delle aziende agrarie interessate.
Il progetto per l’Essiccatoio di Codroipo venne affidato all’Ingegner Ferdinando Calligaris di Udine (1880-1946), il quale aveva in precedenza progettato anche lo stabilimento di Gris, mentre l’impianto termico fu affidato alla Ditta Sacconaghi di Milano.
La costruzione dello stabilimento fu approvata il 15 gennaio 1938 dall’Assemblea straordinaria dei soci e il terreno necessario (di 15.000 metri quadrati) venne acquistato dai conti Rota al prezzo di £ 2,50 al metro.
L’esecuzione dei lavori venne affidata il 22 febbraio 1938 all’impresa edile Zorattini Attilio di Udine con l’impegno di consegnare i lavori, con almeno 20 celle di essiccazione, completo e collaudabile entro il 15 giugno dello stesso anno.
Localizzato in un lotto ai margini settentrionali dell’abitato di Codroipo in una zona di espansione prossima alla famosa Casa della Gioventù Italiana Littorio, progettata nel 1934 dall’architetto friulano Ermes Midena, con modalità analoghe a quelle utilizzate nella costruzione dello stabilimento di Gris, ebbe una configurazione ad U posizionata sulla linea del perimetro esterno di un quadrato di circa mt.100,00 di lato.
Il fabbricato, chiamato a contornare tre lati dell’intero complesso e destinato ad accogliere in ordinata sequenza le celle per l’essiccazione delle foglie di tabacco, definiva verso l’interno un grande cortile al centro del quale un corpo di fabbrica, di forma rettangolare (di circa mt. 40,00 x 26,00) fungeva da magazzino e conteneva i locali per la cernita, l’imbottamento e la stagionatura del prodotto essiccato.
Se lungo il lato meridionale, prospettante su via XXIX Ottobre, strada che dal centro di Codroipo, confluendo nella statale Pontebbana, conduce all’abitato di Zompicchia, alcuni piccoli fabbricati di servizio definivano il portale di ingresso al complesso, lungo il lato nord, invece, in corrispondenza della centrale termica e di produzione del vapore, una ciminiera alta 63.00 mt. segnalava la presenza dello stabilimento a coloro che provenivano da Udine e, superando in altezza la ciminiera – ora mutilata – della filanda Frova, competeva con il campanile di segno veneto che ancora affianca la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore.
Costruito interamente in mattoni ed irrigidito con strutture intelaiate in c.a. ed orizzontamenti in travi di legno, l’edificio mostrava, lungo tre lati del perimetro, un muro continuo, il quale, quasi del tutto privo di fori, definiva l’involucro esterno del complesso edificato ed evocava la figura di una moderna cittadella fortificata.
I locali che in sequenza erano destinati all’attività di essiccazione erano originariamente articolati su un unico livello funzionale e, distinti l’uno dall’altro da doppie murature trasversali all’interno delle quali transitava l’aria calda, risultavano raggiungibili solo dal basso, mediante un percorso coperto adiacente alle celle e collocato alla quota del cortile. Tra il 1947 e il 1958 tuttavia venne apportata una modifica alle celle che comportò la realizzazione di un nuovo solaio in travi e listelli di legno d’abete a 7,6 metri sopra la quota del piano terra, accessibile dall’alto attraverso un ballatoio in legno che, sostenuto a sbalzo dalla muratura d’ambito dell’edificio, affiancava quest’ultima lungo tutto il perimetro interno del fabbricato ed era collegato a terra da due ripide scale esterne sui lati est ed ovest.
Il corpo di fabbrica centrale, la cui facciata era disegnata con criteri che ricalcavano i coevi stabilimenti industriali del nord Europa, era concluso in sommità con una serie di coperture a doppia falda ricorrente rivestite con mantellata in tegole alla marsigliese mentre la copertura del fabbricato perimetrale e delle varie tettoie era realizzato con le allora moderne lastre di fibrocemento ondulato denominate Eternit.
L’essiccatoio iniziò a funzionare ai primi di luglio del 1938 e già nel 1939 il centro di Codroipo ammassava 12.090,35 quintali di produzione a verde di tabacco, diventando così la più importante manifattura della Provincia di Udine ( nello stesso periodo a Gris, non fu mai superata la quantità di 8.000 q.li ) e nei periodi di migliore attività, diede lavoro, ancorché stagionale, a circa 900 addetti, la maggioranza dei quali furono donne.
Nel corso del 1940 vennero costruite le sei celle che avrebbero completato l’ala est dell’essiccatoio e le due tettoie per l’infilzamento delle foglie di tabacco che collegavano le due tettoie esistenti al lato nord dell’edificio.
Inoltre nel 1942 si acquistarono le piastre di cemento per la costruzione di sette semenzai sul terreno antistante lo stabilimento.
Il complesso originario, riparato e in qualche porzione ricostruito dopo lo scoppio che avvenne alla stazione ferroviaria di Codroipo il 13 ottobre 1944 (nel primo dopoguerra l’Associazione fece predisporre all’impresa Martina di Codroipo un preventivo lavori per £ 1.992.476,94, per poter ottenere i contributi statali sui danni bellici) fu ampliato nel 1947, anno durante il quale vennero aggiunti due magazzini con copertura a volta ribassata, collegati con il corpo di fabbrica esistente nel mezzo del cortile, per la cui costruzione fu contratto un mutuo di £ 11.300.000 ed i lavori furono affidati all’impresa Martina di Codroipo.
In seguito agli ottimi requisiti merceologici della produzione friulana di tabacco nel 1958 l’Associazione Tabacchicoltori del Friuli ottenne dal Monopolio un aumento di 30 ettari per il tabacco Bright Italia, raggiungendo in totale una concessione di 919 ettari e configurandosi come la più estesa dell’Alta Italia e fra le più grandi della Nazione. La pur vasta attrezzatura di cui disponeva l’Associazione (complessivamente 27.000 mc in 75 celle di essiccazione nei due stabilimenti di Gris e Codroipo) non consentiva un ulteriore sfruttamento degli impianti termici esistenti e si rese quindi necessaria la costruzione di nuove celle che l’Associazione ritenne opportuno installare nell’ambito dello stabilimento di Codroipo in modo da potersi servire delle attrezzature di quest’ultimo per le rimanenti manipolazioni del tabacco: cernita, imbottamento e conservazione del prodotto.
Nello stesso anno l’impresa Martina di Codroipo costruì quindi cinque nuove celle addossate alle celle esistenti sul lato est del complesso. Per la loro realizzazione furono necessari alcuni lavori di demolizione con parziale ricostruzione di una tettoia e l’allargamento del corridoio di disimpegno per rendere più comodi i lavori di carico e scarico. Le nuove celle furono realizzate con muratura perimetrale di mattoni forati, doppie pareti tra cella e cella in mattoni comuni, morali per il sostegno delle filze di tabacco, abbaino centrale continuo con portelle regolabili per lo smaltimento dell’umidità, ballatoio esterno in legno per l’accesso alle celle, copertura in lastre di “Eternit” e isolante in “Eraclit”. Per il riscaldamento venne utilizzato il sistema ideato dalle officine “Mariotti” di Concamarise (Verona), consistente in un generatore ad aria calda munito di boccaporto atto all’applicazione del riscaldamento a mezzo bruciatore a nafta, il tutto in collegamento con un sistema di canalizzazioni per l’adduzione e circolazione dell’aria calda.
L’essiccatoio rimase in funzione fino al 1972, anno nel quale, a causa della profonda crisi della tabacchicoltura nazionale, l’attività, notevolmente ridimensionata, fu trasferita nello stabilimento di Gris dove ebbe modo di continuare ancora per alcuni anni per poi definitivamente interrompersi (1975). Di seguito, dopo anni di abbandono, anni durante i quali il fabbricato ha subito alcuni pericolosi crolli e inevitabili danneggiamenti, è stato parzialmente utilizzato come sede di deposito e vendita di mobili e di arredi domestici (“Emporio Roiatti”) e questa attività, ancora presente, impegna ora il corpo centrale del complesso.
Di grande suggestione architettonica, l’edificio conserva gran parte dei segni originari e quasi del tutto integro e scevro da manomissioni pesanti o da decisive trasformazioni, continua ad essere un luogo storico del tutto distinto dalla città, da quest’ultima separato dalla cortina in mattoni, capace di rappresentare quella sorta di extraterritorialità di cui godeva la fabbrica e grazie alla quale, in essa si sviluppavano criteri di lavoro e modalità sociali che, nella restante città, hanno lasciato solo il loro sbiadito riflesso.
Monumento al lavoro non più replicabile, richiede e giustifica la salvaguardia architettonica e del fatto urbano elemento questo che, miracolosamente preservato fino ad oggi, costituisce in modo persistente un paesaggio unico ed irrinunciabile.

Paolo Coretti, architetto